Ora veja-se lá o que o senhor arqtº Vittorio Gregotti diz sobre a arquitectura e os arquitectos portugueses. A crítica vem a propósito de um artigo sobre jovens arquitectos portugueses, e parece-me bem... fico contente que se comece a falar de arquitectos portugueses, também bons arquitectos, e não só do velho (sempre bom, claro..) Siza e do tão conhecido Souto de Moura. Mesmo não me identificando com todos os arquitectos apresentados, no artigo Portugal foi bem representado pelas seguintes obras: Teatro da Guarda, de Carlos Jorge Coelho Veloso, 2005; Estação Rodoviária de Mogadouro, F. Fernades e M. Cannatà, 2006; Casa no Gerês, de Graça Correia e Roberto Ragazzi, 2006; e algumas obras de Guilherme Machado Vaz - casa no vale de Vieira do Minho, 2005; Casa de Chá de Matosinhos, 2005 e, Centro Cívico de Custóias, 2006.
(italiano)
"Uno dei molti meriti di Álvaro Siza è di aver trasferito la nozione di contesto al di là delle sue interpretazioni più comuni e sovente ovvie: quella stilistica, costruita a partire da un immaginario patrimonio specifico del luogo e quella del rispecchiamento delle condizioni ideologiche contemporanee all'azione architettonica. Anch'esse fanno parte dei materiali con cui Siza lavora ma le sue qualità poetiche sono in grado di riproporre nel concreto dell'opera una loro trasfigurazione capace di riconoscere il senso profondo, di lungo periodo, un periodo tanto lungo da proiettarsi anche come ipotesi di futuro.
Ma non è solo l'autorità del successo delle sue opere quanto l'insegnamento dei loro processi di costituzione ad offrirsi come esempio aperto all'interpretazione della successiva generazione di architetti portoghesi: che siano allievi diretti della scuola di Porto o meno, non importa. Così la capacità di attenzione dello sguardo sul mondo, uno sguardo capace di scartare futilità, mode ed esaltazione dei mezzi (tecnici o informatici che siano) guardati nella loro temporaneità senza escludere né supravvalutare le nuove ricchezze che essi propongono. Il valore del disegno, o meglio dello schizzo, come modo di osservare in cui convergono l'occhio, la mano ed il riconoscimento del senso diviene il protagonista del progetto.
È una generazione, quella che qui viene presentata, già successiva quella di Gonçalo Byrne, di Carrilho da Graça, di Souto de Moura, composta in genere da studi formati da più architetti con la presenza anche di alcuni di loro provenienti anche da paesi europei altri rispetto al Portogallo, affascinati dalla "scuola di Porto". E questo è di grande interesse perché in mondo non gridato sembra, nel mio ottimismo, che cominci ad essere riconoscibile una proposta europea per l'architettura, formata da personalità anche assai diverse, da Ungers a Moneo, da Snozzi a Bohigas, da Chipperfield ai francesi Chaix e Morel (tralascio di citare l'Italia a causa del mio coinvolgimento personale) rispetto alle quali la "scuola portoghese" ha giocato un ruolo di catalizzatore nella ricerca del senso, della responsabilità e della specificità di ciò che solo l'architettura può dire.
Di questa traccia punteggiata molti dei più giovani architetti portoghesi sembra vogliono farsi carico con una cura artigianale, con un dialogo attento con la geografia ed un acuto senso della responsabilità urbana, non importa se con occasioni più o meno ampie, con talenti maggiori o minori; ciò che importa è la costituzione di una linea di resistenza alla riduzione dell'architettura a "design", in alternativa all'estetizzazione diffusa delle cose e delle azioni, in grado di restituire all'architettura un ruolo di responsabilità civile, capace di un'attitudine critica nei confronti della realtà senza cessare di misurarsi con essa."
(português)
"Um dos muitos méritos de Álvaro Siza é ter transferido a noção de contexto além das suas interpretações mais comuns e frequentemente óbvias: a estilística, construída a partir de um património imaginário específico do lugar e do reflexo das condições ideológicas contemporâneas à acção arquitectónica. Esses também fazem parte dos materiais em que Siza trabalha, mas as suas qualidades poéticas são principalmente de repropôr no concreto da obra uma transfiguração capaz de reconhecer o significado profundo, de um longo período, um período tão longo que se projecta também como hipótese de futuro.
Mas não é só a autoridade do sucesso das suas obras quanto o ensinamento dos seus processos de constituição a oferecer-se como exemplo aberto à interpretação da sucessiva geração de arquitectos portugueses: que sejam aprendizes directos da escola do Porto ou menos, não importa.assim a capacidade de atenção do olhar sobre o mundo, um olhar capaz de captar futilidades, modo e exaltação dos meios (técnicos ou informáticos que sejam), vistos na sua temporaneidade sem excluir nem sobrevalorizar as novas riquezas que se propõem. O valor do desenho, ou melhor, do esquisso, como modo de observar, no qual se convergem o olho, a mão e o reconhecimento do significado, que se torna o protagonista do projecto.
É uma geração, esta que aqui vem apresentada, já sucessiva da de Gonçalo Byrne, de Carrilho da Graça, de Souto de Moura, composta em género de estudos formados de mais arquitectos, também com a presença de alguns provenientes de outros países europeus a respeito de Portugal fascinados pela "escola do Porto". E isto é de grande interesse porque num mundo não divulgado parece, no meu optimismo, que começa a ser reconhecível uma proposta europeia para a arquitectura, formada de personalidades também bastante diferentes, de Ungers a Moneo, de Snozzi a Bohigas, de Chipperfield aos franceses Chaix e Morel (não cito Itália devido ao meu co-envolvimento pessoal) respeito aos quais a "escola portuguesa" tem jogado com um rol de catalizadores na pesquisa do sentido, da responsabilidade e da especificidade daquilo que só a arquitectura pode dizer.
Deste traço pontilhado dos mais jovens arquitectos portugueses parecem querer fazer-se carregados com um cuidado artesanal, com um diálogo atento com a geografia e um sentido agudo da responsabilidade urbana, não importa se com situações mais ou menos amplas, com talentos maiores ou menores; o que importa é a constituição de uma linha de resistência da redução da arquitectura a "design", em alternativa à estetização difusa das coisas e acções, em grande parte de restituir à arquitectura a sua responsabilidade civil, capaz de uma atitude crítica nos confrontos da realidade sem deixar de se misturar com essa."
(italiano)
"Uno dei molti meriti di Álvaro Siza è di aver trasferito la nozione di contesto al di là delle sue interpretazioni più comuni e sovente ovvie: quella stilistica, costruita a partire da un immaginario patrimonio specifico del luogo e quella del rispecchiamento delle condizioni ideologiche contemporanee all'azione architettonica. Anch'esse fanno parte dei materiali con cui Siza lavora ma le sue qualità poetiche sono in grado di riproporre nel concreto dell'opera una loro trasfigurazione capace di riconoscere il senso profondo, di lungo periodo, un periodo tanto lungo da proiettarsi anche come ipotesi di futuro.
Ma non è solo l'autorità del successo delle sue opere quanto l'insegnamento dei loro processi di costituzione ad offrirsi come esempio aperto all'interpretazione della successiva generazione di architetti portoghesi: che siano allievi diretti della scuola di Porto o meno, non importa. Così la capacità di attenzione dello sguardo sul mondo, uno sguardo capace di scartare futilità, mode ed esaltazione dei mezzi (tecnici o informatici che siano) guardati nella loro temporaneità senza escludere né supravvalutare le nuove ricchezze che essi propongono. Il valore del disegno, o meglio dello schizzo, come modo di osservare in cui convergono l'occhio, la mano ed il riconoscimento del senso diviene il protagonista del progetto.
È una generazione, quella che qui viene presentata, già successiva quella di Gonçalo Byrne, di Carrilho da Graça, di Souto de Moura, composta in genere da studi formati da più architetti con la presenza anche di alcuni di loro provenienti anche da paesi europei altri rispetto al Portogallo, affascinati dalla "scuola di Porto". E questo è di grande interesse perché in mondo non gridato sembra, nel mio ottimismo, che cominci ad essere riconoscibile una proposta europea per l'architettura, formata da personalità anche assai diverse, da Ungers a Moneo, da Snozzi a Bohigas, da Chipperfield ai francesi Chaix e Morel (tralascio di citare l'Italia a causa del mio coinvolgimento personale) rispetto alle quali la "scuola portoghese" ha giocato un ruolo di catalizzatore nella ricerca del senso, della responsabilità e della specificità di ciò che solo l'architettura può dire.
Di questa traccia punteggiata molti dei più giovani architetti portoghesi sembra vogliono farsi carico con una cura artigianale, con un dialogo attento con la geografia ed un acuto senso della responsabilità urbana, non importa se con occasioni più o meno ampie, con talenti maggiori o minori; ciò che importa è la costituzione di una linea di resistenza alla riduzione dell'architettura a "design", in alternativa all'estetizzazione diffusa delle cose e delle azioni, in grado di restituire all'architettura un ruolo di responsabilità civile, capace di un'attitudine critica nei confronti della realtà senza cessare di misurarsi con essa."
(português)
"Um dos muitos méritos de Álvaro Siza é ter transferido a noção de contexto além das suas interpretações mais comuns e frequentemente óbvias: a estilística, construída a partir de um património imaginário específico do lugar e do reflexo das condições ideológicas contemporâneas à acção arquitectónica. Esses também fazem parte dos materiais em que Siza trabalha, mas as suas qualidades poéticas são principalmente de repropôr no concreto da obra uma transfiguração capaz de reconhecer o significado profundo, de um longo período, um período tão longo que se projecta também como hipótese de futuro.
Mas não é só a autoridade do sucesso das suas obras quanto o ensinamento dos seus processos de constituição a oferecer-se como exemplo aberto à interpretação da sucessiva geração de arquitectos portugueses: que sejam aprendizes directos da escola do Porto ou menos, não importa.assim a capacidade de atenção do olhar sobre o mundo, um olhar capaz de captar futilidades, modo e exaltação dos meios (técnicos ou informáticos que sejam), vistos na sua temporaneidade sem excluir nem sobrevalorizar as novas riquezas que se propõem. O valor do desenho, ou melhor, do esquisso, como modo de observar, no qual se convergem o olho, a mão e o reconhecimento do significado, que se torna o protagonista do projecto.
É uma geração, esta que aqui vem apresentada, já sucessiva da de Gonçalo Byrne, de Carrilho da Graça, de Souto de Moura, composta em género de estudos formados de mais arquitectos, também com a presença de alguns provenientes de outros países europeus a respeito de Portugal fascinados pela "escola do Porto". E isto é de grande interesse porque num mundo não divulgado parece, no meu optimismo, que começa a ser reconhecível uma proposta europeia para a arquitectura, formada de personalidades também bastante diferentes, de Ungers a Moneo, de Snozzi a Bohigas, de Chipperfield aos franceses Chaix e Morel (não cito Itália devido ao meu co-envolvimento pessoal) respeito aos quais a "escola portuguesa" tem jogado com um rol de catalizadores na pesquisa do sentido, da responsabilidade e da especificidade daquilo que só a arquitectura pode dizer.
Deste traço pontilhado dos mais jovens arquitectos portugueses parecem querer fazer-se carregados com um cuidado artesanal, com um diálogo atento com a geografia e um sentido agudo da responsabilidade urbana, não importa se com situações mais ou menos amplas, com talentos maiores ou menores; o que importa é a constituição de uma linha de resistência da redução da arquitectura a "design", em alternativa à estetização difusa das coisas e acções, em grande parte de restituir à arquitectura a sua responsabilidade civil, capaz de uma atitude crítica nos confrontos da realidade sem deixar de se misturar com essa."
in "Casabella", nº 760, novembro 2007
Teatro da Guarda, de Carlos Jorge Coelho Veloso, 2005
Estação Rodoviária de Mogadouro, F. Fernades e M. Cannatà, 2006
Casa no Gerês, de Graça Correia e Roberto Ragazzi, 2006
Casa no vale de Vieira do Minho, Guilherme Machado Vaz, 2005
Casa de Chá de Matosinhos, Guilherme Machado Vaz, 2005
Centro Cívico de Custóias, Guilherme Machado Vaz, 2006
Centro Cívico de Custóias, Guilherme Machado Vaz, 2006
(fotos retiradas da internet)
19 comments:
good start
Si, probabilmente lo e
molto intiresno, grazie
necessita di verificare:)
Si, probabilmente lo e
good start
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molto intiresno, grazie
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
Si, probabilmente lo e
La ringrazio per Blog intiresny
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molto intiresno, grazie
imparato molto
good start
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leggere l'intero blog, pretty good
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